Mons. Pierantonio Pavanello ospite di Radio Kolbe
Mons. Pierantonio Pavanello ospite di Radio Kolbe
«Invito le comunità a rinnovarsi»
La proposta per l’anno pastorale 2018/2019: «Radunati dalla Parola di Dio per vivere nella fraternità»
Prima dell’incontro di apertura dell’anno pastorale, che si tiene venerdì 28 Settembre alle ore 21 presso il Teatro Don Bosco di Rovigo, il Vescovo di Adria-Rovigo, Mons.Pierantonio Pavanello è venuto a trovarci in radio per parlare del nuovo documento pastorale diocesano per l’anno 2018-2019.
Intervistato dal direttore della Settimana e di Radio Kolbe Don Bruno Cappato il Vescovo Pierantonio ha risposto ad alcune domande. Ecco l’intervista completa.
D - Eccellenza, grazie per essere qui, ospite della radio. Vi è una frase del documento che mi ha particolarmente colpito dove si dice: “Siamo davanti ad un nuovo inizio”. Questa frase mi ha fatto pensare ad un pensiero positivo, contrario a quello che spesso come cristiani tendiamo a pensare.
Cosa si intende più precisamente con l’espressione “nuovo inizio”?
R - Con questa espressione desidero invitare le comunità a rinnovarsi e a non cedere al pensiero del “si è sempre fatto così”, una sorta di nostalgia del passato che non può tornare.
Papa Francesco ci ricorda come stiamo vivendo non tanto un’epoca di cambiamento, ma un cambiamento d’ epoca. Abbiamo davanti due possibili prospettive: quella del tradizionalismo che tende a rimanere nel passato oppure quella del rinnovamento, ossia la possibilità di ripensare una nuova forma per le nostre comunità cristiane. Sono per la seconda opzione: al di là dei cambiamenti organizzativi delle parrocchie c’è bisogno di un nuovo modo di vivere le comunità.
D - Nel suo documento mi pare siano indicate due attenzioni in particolare, una verso la Parola di Dio e una verso la fraternità.
In che termini secondo Lei la Parola di Dio può essere importante per la nostra diocesi in questo cambiamento d’ epoca?
R - Penso sia importante ricordare che facciamo parte della comunità cristiana non solo per tradizione, ma soprattutto perché siamo convocati da Dio per condividere la nostra fede con altri fratelli. In altri termini alla base della nostra esperienza ecclesiale ci deve essere l’esperienza di ascolto di una Parola che viene dall’alto e che ci spinge oltre le nostre sensibilità e le nostre aspettative umane. Siamo ancora troppo legati ad una mentalità che cerca nella fede e nella vita ecclesiale una rassicurazione: la Parola di Dio invece ci porta sempre oltre e ci spinge a percorrere vie nuove.
D - Il secondo aspetto su cui si fa attenzione in questo documento è la fraternità. Lei scrive: “La fraternità è verticale”. Cosa significa questa affermazione?
R - Questa affermazione parte dal presupposto che noi non scegliamo la fraternità. Infatti scegliamo gli amici, scegliamo alcuni affetti, ma i fratelli non possiamo sceglierli. Quando parliamo di fraternità parliamo di solidarietà e condivisione con persone che noi non scegliamo, ma che ci vengono date e che incontriamo senza essere andati a cercarli.
La fraternità dunque non è un’iniziativa nostra, ma è riconoscere nell’altro un figlio di Dio. Infatti si è fratelli perché c’è un Padre comune.
Di conseguenza una persona che crede in Dio crea relazioni di fraternità, perché vede nell’altro (o perlomeno prova a scorgere nell’altro) un fratello.
Oggi più che mai c’è bisogno di fare fraternità; troppo spesso “io” sono il centro e l’altro è un limite, un concorrente.
D – Lei, ad un certo punto, fa riferimento al rapporto Censis 2017 dove viene sottolineato come la parola “regina” dell’anno sia “rancore”. Questo sottolinea come le persone siano in una situazione di confusione e di scontro. In sintesi si nota un’attenzione che ricerca solo ciò che manca; nella vita delle persone non si vede altro che questo. Lei da vescovo invece invita le persone a far parte della comunità sociale a non chiudersi in sé stessi.
R - Della situazione odierna faccio riferimento anche nell’ultima parte del mio documento. C’è bisogno che la comunità cristiana - oltre a creare fraternità si impegni anche ad indicare una strada diversa alle altre persone.
Il rapporto Censis 2017 sottolinea e mette in risalto quello che la società odierna è, cioè insoddisfatta ed arrabbiata; da qui nasce naturalmente anche una chiusura verso l’altro, verso il diverso. Non solo, è una chiusura anche verso il futuro, che viene visto come una minaccia.
Dentro questa realtà il cristiano è chiamato a portare un messaggio di speranza.
Se ci pensiamo, l’umanità ha vissuto periodi più difficili di questo, basti pensare per l’Italia al periodo successivo alla seconda guerra mondiale. Nonostante le divisioni e le diverse appartenenze ideologiche, allora si è riusciti a dar vita ad un percorso di sviluppo e di benessere, i cui frutti godiamo tuttora. Ancor oggi - tutto sommato - riusciamo a vivere dei frutti di quel tempo. Trovo che l’apporto dei cristiani sia fondamentale per aiutare la nostra società a elaborare un’idea condivisa di futuro e di bene comune.
D - Nell’ultima parte del suo documento si invita le comunità a concentrarsi su alcuni impegni concreti. Da una parte si menziona la scuola di formazione teologica per quanto riguarda la Parola di Dio, dall’altra si fa riferimento al matrimonio con percorsi nuovi che possono aiutare le coppie nel loro cammino E poi vi è anche una parte dedicata all’impegno sociopolitico, con la proposta di una formazione specifica.
Può precisare meglio gli impegni concreti che indica nella sua lettera pastorale?
R - Sono dei percorsi per concretizzare quanto ho scritto nella prima parte della lettera pastorale.
Il primo è un percorso proposto dalla Caritas diocesana in collaborazione con l’Università Cattolica di Milano che ha l’obiettivo di aiutare a costruire comunità coese e solidali. È un percorso rivolto a operatori pastorali che vogliono progettare una forma nuova di comunità. L’ufficio diocesano per la famiglia, ha elaborato un percorso per coppie in preparazione al matrimonio in modo che in tutta la Diocesi vi sia una proposta unitaria. La novità maggiore è di proporre non solo alcuni incontri, ma anche iniziative concrete per inserire le coppie nelle realtà parrocchiali in cui vivono. Un riferimento naturalmente va fatto anche alla Scuola Diocesana di Formazione Teologica che offre ogni anno un’importante occasione di formazione a tutte le persone che lo desiderano: segnalo in particolare due corsi, uno sui Vangeli e l’atro sulla Teologia Fondamentale, che vengono proposti a quanti desiderano crescere nella conoscenza della loro fede. Per quanto riguarda la dimensione sociopolitica, stiamo organizzando dei momenti di approfondimento rivolti non solo alla comunità cristiana ma anche alla società civile, per aiutare a comprendere le problematiche in gioco in questa delicata fase di transizione della nostra società.
D - All’inizio del suo documento si fa riferimento a quello che è forse il riassunto di tutto il testo. Si parla di“conversione pastorale in senso missionario”.
Se questa affermazione noi provassimo a metterla in relazione ai preti di oggi ed ai laici di oggi, come la si potrebbe vedere?
R - Quando pensiamo al termine “missione” pensiamo a qualcuno da convertire (di solito ad altri che non sono parte del nostro popolo e della nostra cultura). Quando i oggi si usa il termine “missionario” si vuol fare riferimento a tutte quelle persone che stanno cercando un senso alla loro vita. Si tratta di persone che sono in mezzo a noi e che hanno bisogno di sentire o di ri-sentire la Buona Notizia.
Quando si parla di “conversione pastorale missionaria” intendo un atteggiamento che va verso le persone per incontrare le loro domande profonde e far capire come il Vangelo possa toccare realmente la loro vita e trasformarla.
Questa è la frontiera del nostro tempo e del futuro che ci sta davanti. Come dice il Papa “mescolarci in mezzo alla gente”, accendere la luce del Vangelo nel cuore degli uomini e delle donne del nostro tempo.
Grazie a sua eccellenza mons. Pierantonio Pavanello per aver accettato il nostro invito. Ci auguriamo di ritrovarci ancora con il Vescovo in modo che i mezzi di comunicazione diocesani possano essere sempre luogo che si propone come opportunità di incontro con tutti.